lunedì 20 aprile 2015

Curriculum artistico Martina dal Brollo

Cenni biografici

Nome: Martina
Cognome: Dal Brollo
Data di nascita: 19/03/1990

Biografia e formazione

Martina Dal Brollo nasce a Trento, in Italia e si diploma in Pittura - Visual Art all'Istituto d'arte A.V. con 100/100.
Tra il 2006 e il 2008 due viaggi premio concessi dalla scuola le permettono di frequentare per un breve periodo le scuole TASK - Traditional Art Super College of Kyoto e la scuola d'arte e molatura del vetro OA SOS a SOU a Třeboň in Boemia.
Nel 2009 si trasferisce in Spagna per frequentare la Facultat de Belles Arts di Barcellona dove si laurea nel 2014 specializzandosi in scultura ed installazione.
Per due anni consecutivi collabora con il collettivo “El Globus Vermell” in occasione della “Festa Familiar d'Arquitectura” tenutasi alla Pedrera di Barcellona. Anni 2011 e 2012.
Nel 2013 vince la borsa di studio Erasmus per studiare sei mesi alla Willem de Kooning Academy di Rotterdam.

Tra il 2014 ed il 2015 collaborerà con Francesca Ferrai, Silvia Dezulian e Claudia Rossi Valli ad una co-produzione con il Muse dello spettacolo di teatro-danza "Perché il caffé germoglia" in collegamento a CALL ACTION.

Stage e corsi di formazione

1.      Inghilterra, Londra: Workshop al UAL, University of the arts London 2006
2.     Italia, Roma, stage di disegno ai Musei Vaticani, 2007/8
3.     Spagna, Can Mas: Stage di scultura e architettura con Castle Fine Arts Foundry e Globus Vermell, 2010
4.     Spagna, Barcellona: Corso di “Operacions de cámara i illuminació” presso Media Lab 2010/11
5.     Spagna, Barcellona: Corso di “Edición de video digital” presso Media Lab 2010/11
6.     Spagna, Barcellona: Stage sulla tecnica Rapport e le tendenze della moda in collaborazione con l’impresa spagnola Inditiex. 2012
7.     Olanda, Rotterdam: Workshop alla TENT Gallery con l’artista Renie Spoelstra. 2013
8.    Italia,Trento “Arte come professione” Corso di arte e formazione promosso dalla Consigliera di Parità. 2014/15
9.     Italia, Milano: Workshop di performance interattiva con Frieder Weiss alla Civica Scuola di Cinema. 2015

Concorsi e premi

1.      “Cecità” concorso per la realizzazione di immagini finalizzate alla sensibilizzazione al pubblico, 2° premio. 2007/8
2.     “Gostoso Jogar” 1° premio e realizzazione manifesto e grafica per indumenti per l’associazione Capoeira Trento. 2008/9
3.      “Se ti gira di scattare” concorso fotografico organizzato dall’associazione Giratutto, 2° premio. 2010
4.     Premio Jacopo Fanfani “giovani talenti” sezione arte. Prima classificata nella categoria scultura. Roma 2012
5.     Premio CALL ACTION per co-produzione dello spettacolo di teatro danza "Perché il caffé germoglia" al Muse. Collaborazione con Francesca Ferrai, Silvia Dezulian e Claudia Rossi Valli 2014/15

Alcune delle esposizioni

·        “Sensi d’irreale” Esposizione personale allo Spazio ArtCarametti. Trento16-17 giugno 2008/9
·        “Convergenze parallele” Mostra artistica collettiva al Salone Imperiale del Passo Mendola in provincia di Trento, anni 2010 e 2011.
·        “Exposición colectiva Abastos” al Mercado de San Blas organizzata da Yeamman Asociación Artistica juvenil , Logroño, Spagna, 8-29 luglio 2011
·        “Matters in the dark” esposizione collettiva alla TENT Gallery di Rotterdam, Olanda. Ottobre 2013
·        “Coordinates” esposizione collettiva con Aere View a Dakar, Africa. 2014

Statement 

Ogni nostro istante non è mai uguale ad un altro e noi non siamo mai gli stessi da un istante all’altro. Tutto cambia dentro e fuori di noi giacché ogni uomo nella sua realtà apparente è sottoposto alla legge inesorabile del tempo.
Mi interessa la memoria dei luoghi, la storia che cambia il territorio trasformandone le superfici.
Mi interessano i percorsi, le tracce che le persone lasciano del loro passare, il segno del tempo inciso nella pelle della città. L’acqua, che proprio come il tempo e le persone muta e cambia di stato.
Io stessa sento il mondo come un flusso, un movimento perpetuo, un lento processo di cui imitare i gesti.

Siamo corpi modellati dal tempo, dal vento di eventi, siamo menti in divenire, una poetica metamorfosi del ghiaccio. 

VEDI LE OPERE DI MARTINA DAL BROLLO

venerdì 14 novembre 2014

Pietro Weber - Le Sentinelle



C’è qualcosa d’antico e di nuovo insieme, nelle sculture ceramiche di Pietro Weber. Ammirando queste fascinose, e misteriose, terrecotte invetriate in alcuni casi ci sovviene il ricordo della Dea dei Serpenti. La statuetta in ceramica policroma, alta soltanto 34 centimetri, ritrovata nel Tesoro del Tempio di Cnosso sull’isola di Creta; un reperto archeologico dell’Epoca Minoica Neopalaziale, databile al 1750 avanti Cristo. Una deliziosa figurina femminile che, quando noi eravamo studenti del liceo, trovavamo molto sensuale (addirittura sexy) perché la dea alzando entrambe le braccia e brandendo a mezz’aria i due serpentelli saettanti, nel compiere quel gesto rituale, ostentava i seni tondi e ben torniti che sbocciavano da un elegante corpetto molto attillato, sotto al quale si apriva un’ampia gonna a balze, lunga fino ai piedi.
Pietro Weber reinterpreta più volte quest’icona in chiave contemporanea, dando al volto l’aspetto di una bambolina da teatro dei pupi, e trasformandone la gonna in un cono d’acini ceramici, evocativi di una fertilità affollata da tante uova.
A questa compositività che mescola e fonde tradizioni antiche con una disincantata e gioiosa Weltanschauung post-moderna, Weber aggiunge lontani echi di sculture e culture orientali, dall’India alla Birmania, ma anche tipologie e iconografie coroplastiche tipiche dell’Anatolia, della Dacia, dei Cleti e soprattutto dei Reti, “popolazioni che più di 2000 anni fa abitavano i confini dell’Impero Romano”, come scrive il più affezionato e preparato mentore di Weber, il critico d’arte trentino Marcello Nebl. Ma ci sono anche altre evocazioni che spaziano dall’Africa Nera ai buccheri etruschi, dai vasi canopici egizi alle urne cinerarie barbariche, per arrivare fino al neoprimitivismo di certe teste stilizzate alla Modigliani. Weber tutto questo suggella con un’originale e autonoma scelta stilistica connotata dall’uso virtuosistico dei colori invetriati, quasi sempre a monocromo, dal rosso cadmio al verde smeraldo, dall’azzurro turchese al giallo. Colori vividi stesi su queste quelle sculture plasmate a mano, lasciando ben visibile l’imprecisione del gesto e certe volute sbavature di colore, sotto il quale la terracotta grezza affiora come colore essa stessa, in un’esaltazione di questa materia primigenia, vera e propria plastica dell’antichità, fragile e duttile e nel contempo dura e durevole come la pietra, elegante nella sua adattabilità, e utilissima nelle sue tante forme di funzionalità.
Anche se queste opere sono fatte per non servire a nulla, né a contenere liquidi né tantomeno alimenti, ma l’unica loro vera specificità è la bellezza, ricercata in un elegante calembour di aggetti, di anse sinuose, di beccucci, bugnati e modellati spericolati con fossero sottili fili metallici o di bronzo fuso. Questo gioco s’accentua negli ultimissimi lavori presentati da Pietro Weber al Castello di Agliè, dove espone in anteprima al pubblico le sue Sentinelle. Sculture alte poco più di un metro, svettanti e modellate sovrapponendo svariati elementi: testoline minuscole e corpi astratti, alternati uno sull’altro fino alla sommità, dove in molti casi svetta una faccina con la bocca spalancata e gli occhi tristi, tanto da sembrare un arguto omaggio a Giacometti, ma, nella visione d’insieme, anche la consapevole citazione delle sculture totemiche degli Indiani d’America.
In tutto ciò, Weber, usa sempre uno stile colorato e giocoso, l’esatto opposto di cerca criptica e ostica arte contemporanea elitariamente iperconcettuale. Tanto che queste sue “Sentinelle” sembrano sorvegliare il presente con i piedi e le radici saldamente affondate in un lontano passato archeologico, ma hanno gli occhi puntati verso il futuro che si apre davanti a Noi.                                        
                                                                            Guido Curto      

MORE INFO: www.pietroweber.it

Pietro Weber - La critica



L’arte di Pietro Weber è un invito al silenzio e alla meditazione. Osservare un’opera di questo poliedrico artista-alchimista - pittore, scultore, grande ceramista - apre alla riflessione sull’esistenza, sulla condizione umana, sullo scorrere incessante del tempo. L’ultima produzione di Weber, fatta di quieti profili umani stagliati su fondi monocromi, sospesi in uno spazio astratto ed eterno, è un teatro dell’intimo. Nelle sue opere vi è l’umanità tutta, rappresentata sincronicamente e senza sostegni spaziali. Le figure di Weber non sono collocabili in una dimensione specifica ma hanno assorbito tutte le epoche, tutti i linguaggi, tutte le tradizioni, tutte le geografie umane.
Questi trasferimenti quasi mistici, queste assimilazioni, scaturiscono non solo dalla manualità e dalle scelte prettamente stilistiche di Weber, in bilico tra neoespressionismo, primitivismo e metafisica, ma anche e fortemente dalla scelta dei materiali inseriti nelle opere e utilizzati in abbinamenti spesso inconsueti: intonachini di calce idraulica naturale, cera, legno, stoffa, bitume, chicchi di riso e legumi collaborano a ricreare un’atmosfera primigenia portandoci alle nostre radici, trasfigurando l’immagine umana in un’immobilità eterna.
Di fatto, come mi è capitato di scrivere in occasione della mostra ‘Silente’ nel 2009, Pietro Weber crea per l’eternità: ‘…volutamente fuori dalle correnti e dalle tendenze del mercato, costruisce opere materiche a metà strada tra la pittura e la scultura. Tavole lignee, impreziosite da eleganti tessuti barocchi e da tinte ocra, che incorniciano profili umani, immagini e simboli primitivi in grado di contenere in sé il senso della storia e di esprimere un’umanità senza tempo. In questo senso Weber sembra avvicinarsi ad alcune espressioni di Luigi Ontani, con il quale condivide anche la maestria nell’arte ceramica, e ancor più di Mimmo Paladino, di quella Transavanguardia che cita le Avanguardie storiche, in primis l’Espressionismo, e ricorre alla memoria intima e quasi metafisica nella quale la forma è fissata in una dimensione atemporale.
La sacrale immobilità ieratica delle figurazioni di Weber è frutto della sua maestria e del suo ingegno, di capacità creative e nel contempo artigianali che permettono all’opera di celare all’osservatore la propria nascita, il momento della propria creazione. Spesso le opere sembrano aver acquisito realmente la patina del tempo come un solenne kuros greco, paiono preziosi ritrovamenti archeologici di civiltà scomparse o decorazioni staccate da un antico edificio medievale. Le opere di Weber si presentano così come se fossero nate spontaneamente oppure, se vogliamo, come se fossero sempre esistite’.
Weber ricerca il primordiale infondendo istintivamente nei suoi profili in calce un senso profondo di sacralità; grazie alle sue opere l’osservatore ha lo spazio per meditare, ha l’occasione di essere portato per mano e riallacciare un rapporto col proprio intimo, allontanandosi da una contemporaneità che esige rapidità e precarietà, in cui anche molta arte nelle proprie strutture e forme è in incessante movimento e al contempo estremamente effimera, fugace, mortale.

Marcello Nebl

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