L’arte di Pietro Weber è un invito al silenzio e
alla meditazione. Osservare un’opera di questo poliedrico artista-alchimista -
pittore, scultore, grande ceramista - apre alla riflessione sull’esistenza,
sulla condizione umana, sullo scorrere incessante del tempo. L’ultima
produzione di Weber, fatta di quieti profili umani stagliati su fondi
monocromi, sospesi in uno spazio astratto ed eterno, è un teatro dell’intimo.
Nelle sue opere vi è l’umanità tutta, rappresentata sincronicamente e senza
sostegni spaziali. Le figure di Weber non sono collocabili in una dimensione
specifica ma hanno assorbito tutte le epoche, tutti i linguaggi, tutte le
tradizioni, tutte le geografie umane.
Questi trasferimenti quasi mistici, queste
assimilazioni, scaturiscono non solo dalla manualità e dalle scelte prettamente
stilistiche di Weber, in bilico tra neoespressionismo, primitivismo e
metafisica, ma anche e fortemente dalla scelta dei materiali inseriti nelle
opere e utilizzati in abbinamenti spesso inconsueti: intonachini di calce
idraulica naturale, cera, legno, stoffa, bitume, chicchi di riso e legumi
collaborano a ricreare un’atmosfera primigenia portandoci alle nostre radici,
trasfigurando l’immagine umana in un’immobilità eterna.
Di fatto, come mi è capitato di scrivere in
occasione della mostra ‘Silente’ nel 2009, Pietro Weber crea per l’eternità: ‘…volutamente
fuori dalle correnti e dalle tendenze del mercato, costruisce opere materiche a
metà strada tra la pittura e la scultura. Tavole lignee, impreziosite da
eleganti tessuti barocchi e da tinte ocra, che incorniciano profili umani,
immagini e simboli primitivi in grado di contenere in sé il senso della storia
e di esprimere un’umanità senza tempo. In questo senso Weber sembra avvicinarsi
ad alcune espressioni di Luigi Ontani, con il quale condivide anche la maestria
nell’arte ceramica, e ancor più di Mimmo Paladino, di quella Transavanguardia che cita le Avanguardie
storiche, in primis l’Espressionismo, e ricorre alla memoria intima e quasi
metafisica nella quale la forma è fissata in una dimensione atemporale.
La sacrale immobilità ieratica delle figurazioni di
Weber è frutto della sua maestria e del suo ingegno, di capacità creative e nel
contempo artigianali che permettono all’opera di celare all’osservatore la propria
nascita, il momento della propria creazione. Spesso le opere sembrano aver
acquisito realmente la patina del tempo come un solenne kuros greco, paiono preziosi ritrovamenti archeologici di civiltà
scomparse o decorazioni staccate da un antico edificio medievale. Le opere di Weber si presentano così come se
fossero nate spontaneamente oppure, se vogliamo, come se fossero sempre
esistite’.
Weber ricerca il primordiale infondendo
istintivamente nei suoi profili in calce un senso profondo di sacralità; grazie
alle sue opere l’osservatore ha lo spazio per meditare, ha l’occasione di
essere portato per mano e riallacciare un rapporto col proprio intimo,
allontanandosi da una contemporaneità che esige rapidità e precarietà, in cui
anche molta arte nelle proprie strutture e forme è in incessante movimento e al
contempo estremamente effimera, fugace, mortale.
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